Che cos’è la dipendenza affettiva? Quali sono i sintomi? Si tratta di una psicopatologia o piuttosto rappresenta un modo di funzionare? E perché è così pericoloso quando una persona affetta da dipendenza affettiva incontra una persona affetta da narcisismo patologico? E il narcisismo è una psicopatologia o un modo di funzionare? Come si possono curare questi disturbi?
In questo articolo proverò a dare una risposta alle domande sopralelencate sulla dipendenza affettiva e narcisismo patologico.
Partendo da un presupposto: ogni individuo è unico a sé, non esistono due persone identiche nel loro modo di essere al mondo e di funzionare, sia nella normalità sia nella psicopatologia; ragion per cui, il concetto di normalità sopra richiamato rappresenta soltanto un indicatore statistico di tendenza centrale. E, inoltre: ad oggi non è riportata una categoria diagnostica denominata Dipendenza Affettiva all’interno del DSM 5, la bibbia ufficiale della psichiatria. Tale condizione sarebbe più riconducibile ad altri quadri clinici o modalità di funzionamento. Ma andiamo per ordine.
Cos’è la dipendenza affettiva?
Ciò che comunemente si intende per dipendenza affettiva configura un quadro pervasivo di sottomissione all’altro nel tentativo disperato di evitare l’abbandono, poiché essere abbandonati genera, in chi soffre di dipendenza affettiva, una sensazione di totale dolore e smarrimento, la convinzione di non farcela senza la presenza dell’altro, e l’insorgenza di sintomi depressivi e ansiosi che possono sfociare addirittura nelle somatizzazioni e nell’invalidazione di una o più funzioni della vita quotidiana.
Dunque, un bisogno eccessivo di affetto e approvazione sembrano orientare i comportamenti di chi soffre di dipendenza affettiva, a causa, come già detto, della paura di essere abbandonati.
Quali sono le cause della dipendenza affettiva?
Prima di indagare le cause della dipendenza affettiva, è opportuno richiamare la precisazione di cui sopra, cioè l’assenza dell’etichetta diagnostica di dipendenza affettiva nel manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali (DSM, American Psychiatric Association), probabilmente per affinità con alcuni disturbi di personalità già noti, quali il disturbo dipendente di personalità e il disturbo borderline di personalità, che richiamano sintomi e modalità di funzionamento già ben articolati e descritti, ai quali forse la dipendenza affettiva sarebbe riconducibile.
Tuttavia, parlando più genericamente di dipendenza affettiva, possiamo ravvisare le cause di questa condizione in una storia evolutiva di esperienze traumatiche nell’infanzia e di modelli relazionali disfunzionali.
Sul concetto di trauma bisognerebbe scrivere un articolo a sé, ma mi limito a precisare, in questa sede, che per trauma non dobbiamo intendere necessariamente la presenza di un cosiddetto big trauma, o trauma T, quali violenze o abusi estremi, ma considerare anche i cosiddetti small trauma, o trauma t, cioè condizioni apparentemente minori quali la mancanza di sintonia tra il genitore e il bambino, la trascuratezza, una relazione di attaccamento insicura che genera ansia e che spinge il bambino a considerare il mondo come un luogo pericoloso, scoraggiando quindi la ricerca dell’indipendenza.
Questi ed altri fattori di rischio possono configurare uno sviluppo traumatico e instillare nel percorso evolutivo elementi di insicurezza e un vissuto di fragilità, al punto da strutturare un adulto che teme l’abbandono poiché ritiene inconsciamente di non meritare l’indipendenza e di non essere mai al giusto livello rispetto ad un partner che considera, spesso a torto, superiore.
Anche alcuni aspetti biologici congeniti, come il temperamento remissivo, potrebbero contribuire a spiegare l’eziologia della dipendenza affettiva.
Quali sono i sintomi della dipendenza affettiva?
Come già detto, i sintomi della dipendenza affettiva, diagnosi ancora controversa nella comunità scientifica, possono sovrapporsi ai criteri indicati per altri quadri clinici ben noti in psicopatologia.
Comunque sia, i sintomi più rilevanti che inducono a sospettare la presenza di una dipendenza affettiva sono:
- Mancanza di autostima;
- Comportamenti ossessivi verso il partner;
- Ansia e depressione;
- Difficoltà ad esprimere disaccordo verso il partner;
- Sottoporsi a umiliazioni o situazioni spiacevoli nel tentativo disperato di mantenere la relazione;
- Grave crollo psichico e profondissima angoscia in caso di abbandono;
- Sovrastima delle proprie responsabilità in caso di conflitto o conclusione della relazione;
- Incapacità di valutare adeguatamente le responsabilità e le cattiverie dell’altro.
Quali sono le conseguenze di chi soffre di dipendenza affettiva?
Le conseguenze di chi soffre di dipendenza affettiva portano il soggetto ad essere facilmente coinvolto in relazioni disfunzionali e tossiche, ad avere difficoltà a stabilire confini sani e rispettosi della propria dignità, ad essere facilmente sfruttato e manipolato, e, in alcuni casi, addirittura vittima di violenza e sopraffazione.
Statisticamente, la dipendenza affettiva affligge soprattutto i soggetti di genere femminile, mentre il narcisismo patologico è più tipicamente maschile.
Quale trattamento attuare per la dipendenza affettiva?
I trattamenti da applicare in caso di dipendenza affettiva, sono un argomento abbastanza complesso. Se, ad esempio, la dipendenza affettiva rilevata rientra più verosimilmente in un quadro clinico di disturbo borderline di personalità, avremo un trattamento mirato molto specifico che si differenzierà notevolmente da un trattamento predisposto per la risoluzione di una dipendenza affettiva riconducibile ad un quadro depressivo oppure ad un disturbo dipendente di personalità. In alcuni di questi casi, potrebbe anche emergere la necessità di somministrare una terapia farmacologica per la gestione degli impulsi autolesivi o degli stati dissociativi.
Comunque sia, è sempre molto utile l’adozione di una psicoterapia individuale volta a maturare strategie di autoregolazione per la gestione delle emozioni e per il supporto alla ricostruzione di un Sé fragile, depositario del vissuto di insicurezza.
La psicoterapia di gruppo può essere utile per una sorta di mutuo aiuto che favorisca la legittimazione del proprio vissuto: confrontarsi con altri che hanno sperimentato le stesse angosciose problematiche rende la propria esperienza meno gravosa e sollecita risorse che sembravano irreperibili fino a prima.
La mindfulness nel trattamento della dipendenza affettiva favorisce la capacità di concentrarsi sull’esperienza del qui e ora, tramite la sua tipica forma di meditazione, innescando processi di rilassamento e di serena accettazione dei propri bisogni e delle proprie fragilità, ma impegnandosi contestualmente a cambiare e migliorarsi, senza l’ansia del senso di colpa e della vergogna.
L’autocompassione, che la stessa mindfulness può favorire, consiste nell’esercitare una sorta di benevolenza autodiretta con la quale ci si rivolge gentilezza ed empatia, imparando a contenere i sensi di colpa e i sentimenti di vergogna per le umiliazioni subite e acquisendo maggiore legittimità e sicurezza nel prefiggersi di reagire e di svincolarsi dallo stato di sudditanza.
Ma che cosa accade dunque quando un dipendente affettivo incontra un narcisista?
Che cos’è il Narcisismo Patologico?
Il termine narcisismo patologico, derivante dal mito greco di Narciso, che dona il nome all’omonimo fiore, non è sempre comunque sinonimo di atteggiamento cattivo. Secondo lo psicoanalista Heinz Kohut, in un uno sviluppo armonioso il Sé si costruisce lungo un doppio asse, attraverso il quale il bambino impara a rivolgere amore a sé stesso e agli altri.
Che dire invece quando questo processo fallisce e l’erogazione d’amore ripiega essenzialmente verso il Sé?
L’esito è lo sviluppo di una forma di Narcisismo Patologico, meglio definito in ambito scientifico come Disturbo Narcisistico di Personalità (DSM 5, American Psychiatric Association).
I principali criteri per poter diagnosticare un Narcisismo Patologico indicano un quadro pervasivo di grandiosità, necessità di ammirazione e mancanza di empatia verso gli altri, che inducono il soggetto a sviluppare un’esagerata percezione della propria importanza, convinzione di essere speciale, tendenza a sfruttare gli altri per i propri scopi, arroganza, presunzione e incapacità di empatizzare per identificarsi con gli altri e riconoscere la legittimità dei loro bisogni.
Quali sono le cause del Narcisismo Patologico?
Ricordando quanto già scritto sopra in merito all’unicità irripetibile di ciascun soggetto, è plausibile rintracciare le cause del Narcisismo Patologico in un intreccio di genetica e ambiente familiare.
Numerosi studi hanno evidenziato l’implicazione dei cosiddetti neuroni specchio (G. Rizzolatti et al., università di Parma) della corteccia frontale e parietale nello sviluppo delle basi dell’empatia, favorendo dunque le capacità intersoggettive nell’essere umano e in altre specie viventi.
Una compromissione di tale sviluppo, che può essere attribuita a fattori sia genetici sia ambientali, può avere come drammatica conseguenza un’immaturità relazionale caratterizzata appunto da una mancanza di empatia verso gli altri, condizione che talvolta avvicina clinicamente il Narcisismo Patologico al Disturbo Antisociale di Personalità e alla psicopatia.
Le esperienze infantili di ipervalutazione o trascuratezza possono giocare un ruolo chiave nell’esordio del Narcisismo Patologico.
È stato infatti riscontrato, a proposito del narcisismo patologico, un atteggiamento di ipervalutazione, soprattutto da parte del padre nei confronti del figlio maschio, di caratteristiche di ostentazione del Sé, di incoraggiamento della competizione che pone in essere una tendenza a primeggiare, un’esaltazione del bimbo quando spicca per le sue doti e le sue qualità, come se fosse una proiezione del genitore, che in questo modo, evidentemente anch’egli narcisista, si rispecchia nei successi del piccolo come se fossero i suoi, anziché riconoscere al bimbo stesso la stima e il valore per i propri risultati.
Di contro, se il bimbo sbaglia e non fa bene, viene punito e mortificato, anziché essere sostenuto e accettato nelle sue difficoltà. La trascuratezza dei suoi reali bisogni e della sua autenticità è una tragica realtà che il piccolo sperimenta, adattandosi in qualche modo, cioè imparando ad ostentare il proprio Sé in cerca di un riconoscimento che non ottiene e perdendo quelle basi dell’empatia che egli stesso non è abituato a ricevere.
Dunque quali sintomi sviluppa il narcisista patologico, diventando poi adulto?
Come già tratteggiato, alla base prevalgono un bisogno costante di ammirazione e una sensazione di superiorità e grandiosità, come ultimo baluardo a difesa di una personalità in realtà fragile e sfilacciata.
Ebbene sì, in fondo in fondo, colui che è affetto da narcisismo patologico è in realtà un insicuro che dissimula la propria insicurezza tramutandola nel suo opposto, fino a negare una paura viscerale che egli stesso si rifiuta di vedere, pena il crollo totale di quei frammenti di identità che lo caratterizzano.
Le conseguenze più drammatiche di questo assetto, soprattutto per chi le subisce, delineano una marcata tendenza ad instaurare relazioni superficiali e manipolative e l’incapacità di accettare critiche o fallimenti, spesso attribuiti alla responsabilità degli altri, oggetto di svalutazione a confronto di una iperidealizzazione di sé.
Quale trattamento è possibile impostare per curare il narcisismo patologico?
Va detto, anzitutto, che questi soggetti non sono facili da trattare in sede terapeutica, anche perché tendenzialmente “egosintonici”, cioè incapaci di riconoscere gli aspetti estremamente critici della propria personalità. Il paziente affetto da narcisismo patologico, quando giunge in psicoterapia, spesso lamenta problematiche esistenziali che lasciano trapelare la loro enorme difficoltà nel fare autocritica e nel riconoscere i propri spigoli caratteriali, oppure sono spinti verso l’attenzione dello psicoterapeuta da parte di qualche figura affettiva, o, in altri casi, dalle autorità giudiziarie in virtù di crimini commessi.
Diversi approcci, quali la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT), la terapia focalizzata sullo schema (Schema Therapy), la psicoterapia psicodinamica e altro ancora, possono, nel medio e lungo termine, favorire un processo di consapevolezza finalizzato al cambiamento che aiuti il paziente affetto da narcisismo patologico a costruire un Sé autentico e a familiarizzare con le basi dell’empatia necessarie alla realizzazione di adeguati rapporti intersoggettivi.
Ma torniamo alla diabolica miscela perfetta richiamata dal titolo di questo articolo:
L’interazione tra Dipendenza Affettiva e Narcisismo Patologico.
L’interazione tra dipendenza affettiva e narcisismo patologico costituisce uno degli esempi più illuminanti di complementarietà negativa in una coppia, con meccanismi perversi che si rafforzano progressivamente.
Infatti, come risulta intuibile ricordando i già accennati sintomi, le dinamiche relazionali che scandiscono la vita di una coppia formata da un dipendente affettivo e da un narcisista patologico, sono connotate dall’angosciosa paura di essere abbandonati da un lato, e dallo sfruttamento a tratti sadico di questa paura dall’altro lato, al punto che il dipendente affettivo tende ad attrarre il narcisista patologico e la relazione diventa un ciclo di manipolazione e bisogno reciproco.
Secondo i tipici pattern comportamentali che si annidano in queste dinamiche, il narcisista sfrutta la vulnerabilità del dipendente affettivo e il dipendente affettivo alimenta l’ego del narcisista, generando un legame vischioso e tossico che in fin dei conti danneggia tutti e due, anche se il danno subito dal dipendente affettivo risulta chiaramente più drammatico e di maggiore impatto: il soggetto con dipendenza affettiva diventa vittima e subisce la sopraffazione, incapace di svincolarsi dalle catene del suo carnefice; il soggetto con narcisismo patologico perpetua il suo funzionamento clinico convincendosi della propria normalità, poiché l’altro accetta la prepotenza e la malvagità senza ribellarsi e, addirittura, esprimendo disperazione quando il narcisista minaccia di chiudere la relazione.
Dipendenza affettiva e narcisismo patologico: le conseguenze sulla salute mentale non sono trascurabili.
Oltre al fatto che, nelle dinamiche conflittuali, entrambi possono sperimentare maggiore ansia, depressione e stress, sebbene per ragioni differenti (es. timore di essere abbandonato versus scoramento e rabbia per non sentirsi compreso), l’assorbimento patologico nella relazione e i rispettivi vissuti di inadeguatezza da un lato e di pretesa grandezza dall’altro alterano la capacità di giudizio in ambedue le direzioni (tematica di autosvalutazione in un caso e tematica di autoidealizzazione nell’altro) e allontanano ambedue da un auspicabile processo di consapevolezza e di possibile guarigione.
Ma esistono strategie di intervento efficaci?
Strategie di intervento della dipendenza affettiva e narcisismo patologico: trattamenti individuali e di coppia
E, per quanto possa sembrare assurdo, è possibile concepire anche trattamenti di coppia in questi casi, anche perché, al netto di situazioni estreme che sfociano nel penale, lo psicologo psicoterapeuta non può sostituirsi alla volontà altrui, e dunque quando riceve richiesta per una consulenza di coppia egli deve tendenzialmente accoglierla. A volte, peraltro, una psicoterapia per la coppia dipendente affettivo – narcisista patologico può risultare strategica per instillare elementi di consapevolezza ed eventualmente caldeggiare l’avvio concomitante di due trattamenti individuali.
La terapia congiunta per affrontare le dinamiche tossiche, il lavoro individuale per rafforzare l’autostima del dipendente affettivo e sviluppare la già citata empatia nel narcisista patologico.
Perché di dipendenza affettiva si può anche morire, e nel narcisismo patologico ci si può soffocare inavvertitamente, consumando la propria esistenza all’insegna di una cattiveria che la rende irreparabile nel suo bilancio finale.